Filippo Tommaso Marinetti e la Letteratura futurista

Nel 1912, sulle pagine di "Lacerba", compare il "manifesto tecnico della letteratura futurista", con cui Marinetti definisce le nuove regole del testo letterario. Egli ritiene che la sintassi e la punteggiatura vadano distrutte, facilitando la comunicazione grazie ai metodi delle "parole in libertà", componendo la frase con l'ordine secondo cui nascono le idee, e dell'immaginazione senza fili, ricercando continue analogie. Queste operazioni dovevano servire a rappresentare in maniera più efficace il turbinio della vita moderna e il reale moto dell'animo e del pensiero. 
I futuristi, nella stampa delle loro opere, usarono diversi tipi di inchiostro e di caratteri. Sotto l'aspetto della poetica, il futurismo può inquadrarsi nell'ambito del Decadentismo, trovando vari punti in comune con i simbolisti francesi, come il tema dell'irrazionalismo e il culto della morte.
Nel pensiero futurista sono significativi anche i debiti verso filosofi come Nietzsche, teorizzatore del superuomo cinico, audace ed artefice del proprio e dell'altrui destino, e Bergson, che vede l'universo creato da una suprema energia in perenne evoluzione. Ma il futurismo, pur riconoscendo i meriti dell'Ottocento, si propone come unica avanguardia in grado di agire in maniera determinante sulla nazione. Infatti, molte avanguardie sorte in sua opposizione, come l'ermetismo e il dadaismo, devono molto a questo movimento soprattutto per aver compiuto un'operazione di rinnovamento necessaria per superare il pedante tradizionalismo.
Filippo Tommaso Marinetti, detto anche "caffeina d'Europa", non è stato soltanto un letterato, scrittore e poeta: è stato anche e soprattutto un animatore culturale geniale, la prima figura di operatore culturale in senso moderno, pioniere di quella che oggi chiamiamo industria culturale.

 Marinetti aveva avuto una formazione letteraria molto classica e completa, ma cosmopolita; era stato allievo delle scuole dei gesuiti ad Alessandria d'Egitto e aveva completato gli studi superiori a Parigi, allora dominata dalla cultura decadente e simbolista, per poi prendere una laurea in legge in Italia. Aveva un cospicuo patrimonio personale e lo investì, con grande abilità e successo, grazie all'eccezionale talento pubblicitario, nelle proprie imprese culturali. La sua ambizione maggiore non era tanto di realizzarsi individualmente come grande scrittore, ma di promuovere un movimento culturale vincente.